giovedì 8 aprile 2010

La formula vincente del Financial Times. Ma non sempre replicabile

Il giornale britannico sembra aver trovato la soluzione per uscire dalla profonda crisi che ha colpito l’editoria. Niente di eccezionale, il business model seguito sta realizzando profitti contenuti, ma sicuramente significativi in un contesto di generale difficoltà del settore.

L’offerta del giornale britannico si muove sia su canale “tradizionale”, la rivista cartacea, venduta a 2 sterline, sia sull’online, il cui abbonamento costa 185 sterline all’anno.
I lettori sul web sono in netta minoranza, meno di un terzo dell’intero parco clienti. Però sono in grado di produrre il 73% dei ricavi. E il trend di crescita degli abbonati è previsto in deciso aumento. Inoltre si tratta di un’utenza ricca, che sta attirando investitori pubblicitari del cosiddetto settore del “lusso”.

Il modello FT è riproducibile? Dipende da cosa si pubblica. Le notizie, le analisi finanziarie hanno caratteristiche di unicità, difficilmente reperibili, almeno in forma gratuita, sul web. Per l’editore specializzato questa è un’ottima notizia. La ricetta abbonamenti/investitori pubblicitari è a portata di mano.

Più difficile la sfida per le case editrici “generaliste”.
Come differenziare il prodotto? Come spingere l’utente online al pagamento? Nella difficoltà di trovare una risposta si spiega l’immobilismo delle testate.
Il New York Times tornerà a proporre l’accesso a pagamento ai contenuti online. Sperando nel successo dei tablet pc e incrociando le dita. Già in passato fu costretto a fare marcia indietro, così come il quotidiano spagnolo El Pais, tornato sul tutto gratis dopo il crollo delle vendite e della raccolta pubblicitaria.

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