lunedì 15 novembre 2010

Affamati

Sciopero della fame. La protesta di Paola Caruso (qui), precaria da sette anni al Corriere, sta animando una vivace discussione. Non solo in rete – la blogosfera (qui) –, ma anche negli uffici. Anzi là se ne parla da tempo.

Atto tendenzialmente estremo, oltre alle vicende personali - oltre alla questione dell'art. 2 e dell’ordine dei giornalisti – che mostra l’indice sulla questione del lavoro precario. Quella precarietà, nella doppia lettura di incertezza e paghe basse, che sta bruciando, nella professione, nella vita, un’intera generazione.
La legge Biagi non ha colpe, le leggi spesso seguono e non disegnano la realtà. Prima di essa c’erano – e ci sono ancora – le partite Iva e i collaboratori coordinati e continuativi. Ebbene, il pacchetto di norme introdotte dalla legge 30 ha sicuramente fissato paletti di maggiore protezione nei confronti dei lavoratori.
Altra faccenda è l’uso improprio che ne fanno le aziende, ovvero una legge utilizzata non per gestire la flessibilità, ma come strumento per calmierare gli stipendi. E sta in questo il pericolo maggiore perché, se questo è il fine, l’incertezza del rapporto di lavoro non può che diventare una costante durevole nel tempo.

Spostare le lancette indietro sarebbe bello, ma temo impossibile. Il paese, come gli altri del resto, è dentro a un profondo cambiamento geo-strutturale. La cui lettura dei contorni sarà compito degli storici di domani. Ora c’è un dato, evidente: la struttura produttiva difficilmente potrebbe sopportare l’imposizione di un mercato di lavoro eccessivamente rigido.

Si vive di scontri generazionali, in un paese vecchio. Scontro tra gli assunti con il vecchio regime – con “l’indeterminato” – e i co.pro, le partire Iva. Tra i giornalisti con il patentino e gli editor.
Scontro tra quelli che vanno in pensione con il retributivo e quelli che godranno degli effetti del contributivo. Scontro generazionale trasversale a tutti i settori. Nelle case editrici, nelle fabbriche, negli uffici.

I bassi stipendi e il precariato, in una visione di sistema, rappresentano un problema per la ricchezza generale. Chiaro, in questo senso, il governatore di bankitalia, Mario Draghi: l’incertezza del lavoro mina “produttività e profittabilità” (qui).
C’è l’attesa, per una risposta politica. Che dovrebbe essere nel segno della tutela dei diritti e del cambiamento. L’allargamento della cruna del mercato del lavoro sarà tema centrale della futura campagna elettorale? Non c’è da scommetterci, anzi il frame immigrazione/criminalità potrebbe nuovamente imporsi. Eppure una base di discussione ci sarebbe, quella del contratto unico a tutela progressiva. Una soluzione da seguire, con attenzione.

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