giovedì 8 marzo 2012

Dal cyber centrismo all'analfabetismo

Matter è un'iniziativa fondata sulla raccolta fondi, al fine di produrre giornalismo di qualità. Approfondimenti, inchieste su argomenti relativi alla scienza e alla tecnologia. L'obiettivo - le donazioni hanno superato i 100mila dollari - è creare un prodotto editoriale diverso rispetto al rumore di fondo offerto dalle reti digitali. Il progetto prevede la possibilità dell'acquisto di un singolo articolo o della sottoscrizione di un abbonamento.
Il crowd funding rappresenta un'alternativa nella costruzione di un pubblico e di un prodotto di nicchia, ma non è la risposta realistica alla perdita di ricavi del settore editoriale. Sia negli Usa, dove Matter è nato, sia in altri paesi, a cominciare dall'Italia.

Il modello di business digitale è ancora tutto da definire, mentre quello vecchio mostra crescenti segni di declino. La recente ricerca compiuta dal Project for Excellence in Journalism - sempre con riferimento al mercato americano - evidenza come per ogni dollaro guadagnato in pubblicità online ci sono sette dollari persi sulla carta (qui, via Lsdi).

Tendenza da cui non è immune l'Italia: calano vendite e lettori, discesa costante della raccolta pubblicitaria (qui, via Linkiesta). Per un Paese a basso tasso di lettura è una pessima notizia che supera gli argini del problema strettamente economico. Il travaso carta/digitale interessa quei lettori - che per preparazione culturale e possibilità economica - sono i tipici consumatori dei giornali. Se l'erosione dei ricavi porterà a un ridimensionamento della distirbuzione del cartaceo si creerà un'esclusione di massa. La maggioranza "informata" - inserita tra gli steccati televisivi - rischia di rompere quel tenue filo che ancora la lega alle altre rappresentazioni della realtà, quelle su carta. La fine del giornale - per ora ipotizzata e spostata sempre più in là nel tempo - significa lo stop alla distribuzione diffusa, casuale, nei bar, nei luoghi di lavoro, per terra. Fenomeno non insignificante.

Ma come - è l'obiezione - non sono il web e le tecnologie della comunicazione le protagoniste della crescita cultura ed economica del paese? Della diffusione universale del sapere?
La risposta è affermativa a patto di avere condizioni uniformi - o senza profonde soluzioni di continuità - socio economiche. E questo non è il caso italiano, anzi colpito da un preoccupante analfabetismo di ritorno.

In questi giorni sto leggendo Evgeny Morazov, "L'ingenuità della rete", un libro dissacrante che smonta la tesi sulle potenzialità democratiche delle tecnologie di comunicazione. Secondo l'autore si tratta solo di cyber-utopismo: Twitter, i blog, Facebook non sono possono essere considerati armi per abbattere i regimi autoritari. Il ruolo che hanno avuto nei movimenti di protesta nelle società extra-occidentali è stato marginale.
Non vorrei che il cyber-utopismo, a volte ingenuo e irriflessivo, fosse non solo inefficiente nel fondare strutture coese e informate, ma lo strumento in più per dilatare le distanze sociali.

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