mercoledì 13 giugno 2012

Informazione e giornalismo

Sto seguendo con attenzione il dibattito sulla qualità dell’informazione (qui, via Fondazione Ahref). Un incrocio d’idee che offre spunti di riflessione e indica possibili percorsi da testare.

Per correttezza, premetto che le mie opinioni sono fortemente influenzate dal fatto di lavorare in un portale di massa (circa tre milioni di utenti unici al giorno), dunque con le mani spesso fra la pancia della gente, quella che si potrebbe chiamare "maggioranza silenziosa".

Detto questo, io traccerei una linea di demarcazione tra informazione e giornalismo. Sono realtà diverse, che s'intrecciano, ma nascono e si sviluppano su piani differenti. Azzardando alcune definizioni. L'informazione è descrizione dei fatti, della realtà. Il giornalismo è interpretazione dell’accaduto e delle dinamiche fattuali.

Molti media (o parte di essi) fanno semplicemente informazione. Descrizione di successione di fatti dentro un determinato limite temporale. La questione della qualità esiste anche in questo caso, ma non può prescindere dal pubblico di riferimento e dal modello di business a cui l'organizzazione tende, che è fortemente connesso alla quantità.
Un simile palcoscenico non esclude la verifica, la produzione di contenuto valido. Nei casi più virtuosi si selezionano filiere di fonti considerate attendibili (l'agenzia, il blog, il feed di tweet). Attività, però, che presentano una sottile, ma marcata, differenza rispetto al fact checking.

Controllo dei fatti che rientra con prepotenza, nella professione del giornalista. La qualità assume dei contorni più corposi e impegnativi. L'interpretazione della realtà richiede sforzi che vanno dall'uso delle nuove tecnologie al ricorso delle modalità più tradizionali (telefonate, incontro con testimoni, ricerca documenti).
Un lavoro costoso che porta alla questione di fondo: quanto è sostenibile economicamente? come rendo il contenuto in fase con i lettori/utenti? In altre parole: quale forma dare al modello di business?

Il mix informazione/giornalismo resterà l'asse fondamentale dei quotidiani generalisti, anche se prevedo - soprattutto sul digitale online - uno schiacciamento sempre più insistito sull'infotainment. Almeno fino a quando reggerà il modello Cpm.
Per chi fa il giornalista non è una buona notizia. Nel breve medio-periodo per questa professione non vedo grandi opportunità (se per opportunità s’intende il giusto equilibrio fra passione/lavoro/guadagno). Nel futuro s’intravedono sul digitale in mobilità, nell'orizzonte disegnato dalle applicazioni, spazi più promettenti.
A condizione che gli editori riescano svincolarsi dai player esogeni (Google e Apple, per fare un esempio) e creino “nicchie di massa verticali”, disposte a pagare per una buona lettura.

Qualche tempo fa si diceva che il giornale si stesse trasformando in un’applicazione. Con tutta probabilità il cambiamento sarà più complesso: la testata diventerà un brand, un contenitore per applicazioni verticali.

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