giovedì 7 giugno 2012

Innovare stanca

Il digital divide e la bassa diffusione della banda larga gravano sul prodotto interno lordo (Pil) per una percentuale tra l’1 e l’1,5%. La denuncia risale agli inizi di maggio, porta la firma di Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le Garanzie sulle Comunicazioni (Agcom). Ennesimo avviso al paese.

Il Pil non è l’assoluto indicatore della ricchezza e del benessere di una nazione. Tuttavia, per ora, su questo misuratore sono elaborate le strategie economiche e la correlazione tra bassa crescita e disoccupazione è innegabile. Dunque, l’innovazione come fattore di sviluppo e strumento per la creazione di lavoro è un passaggio logico più che fondato.

Le indagini per individuare i responsabili del digital divide, indicano nella carenza di infrastrutture il principale sospettato. Non a torto. Scarsi e inadeguati sono gli investimenti per connettere in maniera efficiente il paese. Ma ci sono altri responsabili, correi del ritardo tecnologico. L’immobilismo non è solamente figlio di una politica poco lungimirante. In realtà è direttamente proporzionale a una domanda d’innovazione debole. Aziende e cittadini sono poco affascinati dalle tecnologie che stanno fuori dal perimetro segnato da cellulari e smartphone.
I caselli autostradali sono un barometro. Empirico, scientificamente approssimativo, eppure significativo. Le file d’auto sono rigorosamente concentrate dove si paga in contanti, mentre telepass e pagamenti elettronici (viacard, bancomat, carta di credito) sono poco utilizzati.

Innovare stanca”. Soprattutto se non è compreso il valore. Un’indagine di marzo del Politecnico di Milano ha rilevato che solo il 50,5% delle persone è propenso a usare canali elettronici per pagare le imposte comunali (la sindrome da casello autostradale) e solo il 29,4% ha un’elevata propensione all’interazione online con la pubblica amministrazione. Le imprese si attestano sulla stessa linea di comportamento. Solo un’azienda su cinque utilizza lo sportello per i pagamenti online, mentre il 48,4% preferisce le banche.

L’inchiesta sull'arretratezza tecnologica non può trascurare la scuola, quella pubblica, alla quale è richiesto il compito di creare quel brodo primordiale funzionale al desiderio di cambiare, di innovare. Servono programmi educativi meno fondati sul passato e più orientati alla formazione di cittadini in grado di affrontare sfide del futuro. Il legame di continuità tra scuola e realtà produttiva è spesso. Una scuola poco aperta alla tecnologia non può non avere conseguenze tra le mura delle aziende.

Con questo non si negano altri problemi strutturali. La polverizzazione del tessuto produttivo in piccole imprese, la bassa patrimonializzazione, il difficile e costoso accesso al credito sono fattori decisivi nel frenare lo sviluppo. Ma la spinta generata dall’innovazione analogica – quella che arriva dalla creatività di lavoratori e imprenditori – potrebbe agevolare la soluzione dei problemi e fondare i presupposti per una maggiore competitività. Innovazione generata dal basso che stimola e sollecita interventi keynesiani alla creazione di una Rete italiana efficiente e veloce.

Una parte importante per fondare una cultura del cambiamento competitivo, oltre che dalla scuola, deve arrivare dall'impresa. Qualche giorno fa il Wall Street Journal ha dato notizia (qui) della pubblicazione di iQ, una piattaforma digitale realizzata da Intel. E’ un sito che si rivolge all’esterno, a un pubblico giovane. I contenuti sono prodotti dalla redazione oppure sono aggregati quelli condivisi dai dipendenti. IQ agisce non solo sul piano della diffusione del brand, ma diventa una finestra di sincronizzazione ai gusti dei potenziali consumatori.


L’iniziativa di Intel è abbastanza complessa. L’impresa ha dimensioni e possibilità economiche non paragonabili a quelle delle Pmi italiane. Lo stesso settore si presta a una comunicazione fortemente consumer e friendly. Ma sotto i bit colorati è possibile individuare un approccio extrapolabile anche nelle realtà più piccole. IQ rende i lavoratori, la filiera produttiva, un centro d’informazione e di relazione extra aziendale.

Apertura all’esterno, uso di strumenti digitali (nonostante spesso siano rubricati nella sezione “perditempo”) sono passaggi importanti per formare una un ambiente in azienda ben disposto verso le tecnologie digitali. Queste azioni possono creare una massa critica in grado sollecitare - con maggiore forza contrattuale - la richiesta di investimenti tecnologici e di rinnovamento. Il digital divide non è un affare solo per il governo, ma dell’intera società.

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