giovedì 21 giugno 2012

Social fact checking

Verifica dei fatti attraverso le piattaforme sociali. Lo studio di Oriella Pr Network, che ha coinvolto più di 600 giornalisti di tutti il mondo, indica un ulteriore aspetto di quella complessa realtà che per comodità chiamiamo web 2.0 (qui la segnalazione via journalism.co.uk).

Il 53% degli intervistati (nel Regno Unito si arriva al 75%) afferma di usare le notizie "sociali" provenienti da fonti conosciute. Con un bel ridimensionamento al giornalismo di base, sopratutto a quello d'improvvisazione. La dimensione digitale non ha rotto i ponti con la realtà.  E la convergenza - auspicata a livello editoriale - sembra essere già un tavolo di lavoro per la produzione dei contenuti.

L'indagine mostra quanto sia difficile - e sicuramente inutile - trovare una definizione all'ambiente social. L'interazione tra account/utenti, la costruzione di reti amicali, assolvono compiti diversi, in funzione a variabili personali o di gruppi sociali.
Un ecosistema non solo informativo, dove c'è posto per la produzione e la lettura di contenuti, ma c'è e si fa dell'altro. Il mercato mette insieme ortaggi e verdure - nespole e albicocche, insalata e pomodori -, gli acquisti sono determinati dal reddito, dal livello d'istruzione (sì anche delle verdure) dallo stato d'animo del momento. Lì, in mezzo ci stanno anche notizie, tra le patate. 


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