lunedì 23 luglio 2012

"Lotta di tasse", l'evasione fiscale può essere sconfitta

Ho appena finito di leggere il pamphlet di Francesco Delzìo "Lotta di tasse". Un bel lavoro - la cui lettura è altamente consigliata - che fotografa con dati ufficiali, l'iniqua distribuzione tributaria italiana. I risultati sono drammatici: la pressione fiscale - da record fra i paesi Ocse - è sostenuta quasi interamente dalle spalle del lavoro dipendente e del capitale.
Uno squilibrio sostenuto da un'evasione mostruosa - stimata attorno ai 180 miliardi di euro - che mina il patto sociale fondante di uno Stato e la sostenibilità economica dell'intero sistema produttivo. 

Senza interventi contro l'evasione - dice Delzìo - non può esserci né crescita, né ripresa. E' un obbligo morale contrastare il fenomeno, per avviare un processo di riduzione delle tasse sulla middle class e sulle imprese. Unica via per rilanciare i consumi.

Secondo l'autore, la profonda crisi in corso potrebbe dare il via una rivoluzione culturale. Decisiva. L'evasore è sempre meno considerato il furbo, lo scaltro da tollerare e imitare. Per chi paga le tasse, la maggioranza degli italiani, è un danno, una persona da escludere dal consesso sociale.

Delzìo propone tre misure per fondare un'efficace strategia di contrasto. 

1) Sospensione dell'attività o della professione nei confronti di chi per due volte consecutive non ha rilasciato fattura o scontrino.

2) Un sistema di pubblicità per indicare i soggetti colpiti da sanzioni tributarie per evasione fiscale, ma anche una specie di bollino blu per negozi o attività in regola. Un modo per trasformare l'onestà in strumento di marketing in grado di guidare i consumatori nelle scelte.

3) Esclusione sociale dell'evasore, mettendolo nelle condizioni di pagare le prestazionI di welfare (come la scuola) fornite dallo Stato (esclusi i servizi sanitari).

Proposte provocatorie? Inapplicabili? Sicuramente sì, se si ragiona secondo le metriche dell'Italia "sesso e gossip", modellate e plasmate a partire dagli anni '80. Purtroppo o per fortuna, i tempi sono cambiati e non è detto che, finalmente, si possa vivere in un paese "normale".

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